Psichiatria

La sindrome da burnout: cos’è e come si affronta

Questa condizione di stress legata alla sfera lavorativa può manifestarsi con disturbi d’ansia, sintomi fisici e comportamentali. Saper riconoscere i segnali di allarme è fondamentale per intervenire opportunamente.

La sindrome da burnout: cos’è e come si affronta

La sindrome da burnout (dall’inglese, “bruciato”) è una problematica sempre più diffusa nella nostra società. Le sfide quotidiane, i ritmi frenetici, la pressione lavorativa e sociale portano infatti a un’accumulazione di stress e ansia, che alla lunga può minare il benessere generale.

Caratterizzata da una condizione di stress cronico legato principalmente, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, al contesto lavorativo, la sindrome di burnout influisce negativamente sull’equilibrio di corpo e mente di un individuo, compromettendo la sua capacità di affrontare la quotidianità con serenità e determinazione.

In questo articolo, esploreremo questo fenomeno da diversi punti di vista e proveremo a capire:

  • in che cosa consiste il burnout e quali sono le sue cause
  • quali sono le principali manifestazioni di tale disturbo e i segnali di allarme
  • quali sono i soggetti più a rischio
  • come fare per affrontarlo
  • quali abitudini (come la gestione dello stress, il self-care e l’autocompassione) aiutano a prevenirlo.

Cos’è il burnout e quali sono le origini del termine?

Innanzitutto, proviamo a fare chiarezza sul significato di questo termine. È stato introdotto nel 1975 da Freudenberge. Con esso si intendeva “una condizione di stress lavorativo riguardante i soggetti impegnati in attività professionali di aiuto e quindi maggiormente presente tra gli operatori socio-sanitari”.

Christina Maslach, psicologa sociale americana, ha condotto numerosi studi su questo tema, definendo il burnout come “una sindrome di esaurimento emotivo, depersonalizzazione e inefficienza”.

Intendendo per “esaurimento emotivo” la prima reazione allo stress, questa si manifesta quando sono percepite come eccessive le richieste lavorative e vengono a mancare le energie e la grinta nell’affrontare le sfide e i propri obiettivi.

Con il termine depersonalizzazione Maslach fa riferimento all’atteggiamento che determina un mancato coinvolgimento nell’attività lavorativa e la tendenza a vivere con distacco le relazioni con gli utenti e i colleghi. Tale atteggiamento potrebbe essere visto come un tentativo di proteggere sé stessi dalla delusione di veder irrealizzato quanto ci si aspettava. Affrontare attraverso un atteggiamento di distacco mentale il proprio lavoro, però, contribuisce a ridurre l’efficacia lavorativa incrementando il senso di isolamento e distacco.

Infine “inefficienza” identifica un senso di fallimento professionale a causa della percezione della propria inadeguatezza al lavoro, con una drastica riduzione dell’autostima.

Quali possono essere le cause del burnout?

Sono numerosi i fattori che contribuiscono a generare la comparsa di tale sindrome.

Senza dubbio, può avere un peso significativo una realtà lavorativa caratterizzata da un carico di lavoro eccessivo (condizione più frequente oggi giorno), oppure scarso o incongruente rispetto ai valori e alle competenze del lavoratore contribuisce alla comparsa di questa sindrome.

Allo stesso modo, possono avere un ruolo nell’insorgenza della sindrome il senso di insoddisfazione per il mancato riconoscimento del proprio lavoro o l’insicurezza lavorativa. A lungo andare, tutte queste dinamiche possono tradursi in una perdita di interesse e distacco da parte del lavoratore.

Anche la presenza sul luogo di lavoro di un clima relazionale in cui predominino il conflitto e la competizione a scapito della buona comunicazione e della collaborazione non può di certo favorire una predisposizione al lavoro efficiente e coinvolto.

Quali sono i sintomi del burnout?

Il nostro corpo ci comunica di essere in una condizione di stress attraverso alcuni sintomi fisici, emotivi e comportamentali.

Tra le manifestazioni fisiche del burnout vi sono:

Tra i segnali di malessere psichico-emotivo compaiono:

  • ansia
  • demotivazione
  • frustrazione
  • resistenza nell’andare ogni giorno a lavoro
  • distacco emotivo
  • assenza di iniziativa
  • tensione e nervosismo

Infine, possono accompagnarsi alla sindrome da burnout i seguenti comportamenti:

  • scarsa produttività
  • condivisione del proprio malessere con altre persone
  • assenteismo
  • tendenza a sfogare il senso di frustrazione nel cibo, nell’alcol o nell’uso di sostanze.

Chi viene colpito dal burnout?

Tra le variabili individuali sembra che le donne siano più esposte degli uomini a manifestare burnout e che l’assenza di una relazione stabile renda i soggetti più vulnerabili a sviluppare questa forma di stress. Probabilmente perché più concentrati a ricercare la propria realizzazione personale nel lavoro.

Non da ultimo alcuni tratti di personalità rappresentano un fattore. In generale, la sindrome da burnout sembrerebbe essere favorita da:

  • tendenza a porsi obiettivi irrealistici e standard elevati
  • difficoltà a lavorare in gruppo dettata da sentimenti di onnipotenza o idealizzazioni di tipo narcisistico.

Tra le caratteristiche personologiche che potrebbero avere un ruolo nella genesi del burnout vari autori hanno identificato meccanismi difensivi inadeguati quali:

  • tendenza all’impulsività
  • eccessivo bisogno di approvazione
  • bassa autostima.

Quali sono le professioni più a rischio burnout?

Alcuni settori lavorativi sono maggiormente a rischio di esaurimento lavorativo rispetto ad altri. Questo è dovuto alle elevate richieste e pressioni a cui i lavoratori di questi particolari ambiti sono sottoposti.

Ecco alcune delle professioni più a rischio di burnout:

  1. professioni sanitarie: medici, infermieri, paramedici e altre figure del settore sanitario sono esposti a situazioni stressanti, turni lunghi, carichi di lavoro elevati e decisioni difficili, per cui sono particolarmente vulnerabili al burnout
  2. assistenti sociali e operatori dei servizi sociali: questi professionisti lavorano spesso con persone in situazioni di difficoltà e crisi emozionali. La natura delle loro responsabilità può portare a un carico emotivo particolarmente elevato e stressante
  3. insegnanti: tra la gestione di classi numerose, i comportamenti problematici degli studenti, le pressioni per raggiungere gli obiettivi formativi e una quantità significativa di lavoro fuori dall’orario scolastico, gli insegnanti sono la terza categoria più a rischio di burnout
  4. forze dell’ordine e soccorritori: poliziotti, vigili del fuoco, soccorritori e personale di emergenza si trovano spesso ad affrontare situazioni pericolose e traumatiche, che possono comprometterne la salute mentale e il benessere generale
  5. professionisti del settore IT: i lavoratori del settore tecnologico possono essere soggetti a carichi di lavoro intensi, lunghe ore di lavoro e la pressione di mantenere l’efficienza e la competitività in un campo in rapida evoluzione
  6. operatori di call center: i lavoratori dei call center spesso devono gestire chiamate di clienti arrabbiati o insoddisfatti, e il lavoro può essere monotono e ripetitivo
  7. lavoratori dei media: giornalisti, editori e professionisti dei media possono essere soggetti a deadline strette, coprire eventi traumatici e affrontare la pressione di produrre notizie tempestive e accurate.

È importante sottolineare che il rischio di burnout può variare da persona a persona, anche all’interno della stessa professione. Fattori come il supporto sociale, le risorse personali e la capacità di affrontare lo stress possono influenzare la suscettibilità al burnout indipendentemente dalla professione svolta.

Quali sono le fasi del burnout?

La sindrome di burnout insorge gradualmente. C’è chi ha voluto individuare 4 fasi:

  • una prima fase preparatoria detta anche di “entusiasmo idealistico” verso il lavoro. Il lavoratore manifesta aspettative di onnipotenza con l’idea di poter aiutare l’altro e ottenere successo a tal punto da sacrificare i propri bisogni e la propria vita privata
  • nella seconda fase di “stagnazione” nonostante gli sforzi e l’impegno nel lavoro, il lavoratore si imbatte in varie difficoltà e inevitabili insuccessi professionali accumulando nel tempo insoddisfazioni e delusione
  • nella terza fase di “frustrazione”, al senso di frustrazione si aggiungono sentimenti di inutilità, e l’idea di essere poco apprezzato. In questa fase il lavoratore potrebbe manifestare atteggiamenti aggressivi non solo verso gli altri ma anche verso sé stesso, comportamenti di fuga dal lavoro e assenteismo
  • la quarta fase è quella del “disimpegno”, in cui la passione per il proprio lavoro viene a scomparire gradualmente per lasciare il posto ad indifferenza, delusione, insofferenza, cinismo e tendenza ad ingigantire gli eventi negativi.

Quanto dura il burnout?

La durata di un burnout può variare da individuo a individuo e dipende da diversi fattori, come la gravità della situazione, la capacità di affrontare lo stress, il supporto sociale e le azioni intraprese per affrontare il problema. In generale, un burnout può durare da alcune settimane a diversi mesi, ma in alcuni casi può protrarsi anche per periodi più lunghi.

Se una persona riesce ad identificare il burnout precocemente e prendere provvedimenti per affrontarlo, può prevenire un peggioramento della situazione e una maggiore durata del disturbo. Cercare supporto professionale, come la consulenza o la terapia, prendersi una pausa dal lavoro o ridurre i carichi di lavoro, praticare tecniche di gestione dello stress, come il rilassamento e la meditazione, e cercare di mantenere un equilibrio tra vita professionale e vita personale sono azioni che possono aiutare notevolmente a guarire.

Tuttavia, se il burnout è già in una fase avanzata e persiste nel tempo, potrebbe richiedere un periodo di cura più lungo.

Come uscire da una fase di burnout?

Per affrontare la sindrome da burnout è necessario, innanzitutto, riconoscere di “esserne affetti” individuando i segnali di stress come campanello di allarme di un disagio psicologico, piuttosto che andare alla ricerca di cause mediche. Questo potrebbe essere ancora più necessario quando si trascorrono diverse ore davanti a un pc e il rischio di alienazione ed esaurimento da lavoro sembra essere più alto.

Alcuni suggerimenti utili per cercare di affrontare al meglio questa condizione sono:

  • decidere di intraprendere un percorso di psicoterapia. Questo percorso, infatti, può essere una chiave per esaminare in maniera più obiettiva la realtà, riducendo la tendenza ad interpretare in maniera eccessivamente rigida e negativa il proprio vissuto
  • fissarsi degli obiettivi raggiungibili evitando di pretendere troppo da sé stessi
  • migliorare le proprie capacità comunicative e più in generale lo stare in gruppo riducendo aggressività e ostilità
  • imparare ad interrogarsi su sé stessi riconoscendo le proprie fragilità e debolezze
  • scoprirsi in grado di affrontare le difficoltà e superare la condizione di stress in modo costruttivo.

In questo nuovo equilibrio è fondamentale non dimenticare l’importanza del rispetto dei propri bisogni, a partire da una adeguata alimentazione e igiene del sonno, ma anche la necessità di riappropriarsi del proprio tempo e dei propri spazi in cui sperimentare creatività e positività nutrendosi di ciò che fa star bene.

Come aiutare chi è in burnout?

Cosa fare invece quando ad affrontare un burnout è una persona cara o un collega?

Per prima cosa, è essenziale dimostrare empatia: avere un atteggiamento di supporto e comprensione costituisce la premessa su cui costruire interventi pratici. Evitare di fare domande invadenti o inopportune può aiutare a creare un ambiente confortevole in cui la persona si sente libera di esprimersi senza giudizio. Invece di porre domande direttamente del lavoro, si può optare per domande più neutrali che consentano alla persona di condividere le proprie esperienze senza sentirsi sotto pressione.

Per offrire un aiuto concreto, è utile analizzare con la persona coinvolta le fonti di stress all’origine dei disturbi. Identificare i principali altri fattori che contribuiscono al senso di sovraccarico può fornire una base per sviluppare strategie di gestione dello stress efficaci. Tra queste è possibile proporre tecniche di rilassamento oppure lo svolgimento di attività piacevoli, che possano promuovere il benessere emotivo e fisico.

Se la sindrome da burnout persiste e interferisce significativamente con la qualità della vita della persona, è importante consigliare l’assistenza di un professionista qualificato, come uno psicologo o uno psicoterapeuta, che può fornire un supporto mirato e strumenti per affrontare il burnout. A questo proposito, è importante ricordare alla persona che chiedere aiuto non è un segno di debolezza, ma anzi una dimostrazione di forza e consapevolezza della propria situazione.

In molte circostanze, chi affronta il burnout ha già provato a gestire in autonomia la situazione senza successo. Pertanto, offrire un sostegno senza giudicare è fondamentale per far sentire la persona accolta e supportata.