Tra ordine e caos

Fare ordine è importante, ma oltre un certo limite diventa patologico. D'altro canto anche esagerare con il disordine può essere sintomo di un disturbo.

Tra ordine e caos

Siete ordinati o disordinati? Fare ordine ogni tanto è importante: buttare ciò che non serve più aiuta a riordinare anche la mente. Ma quando si esagera può essere il sintomo di un disturbo ossessivo-compulsivo, mentre vivere nel caos può essere il segnale di un disturbo da accumulo. 

“L’ordine è il piacere della ragione: ma il disordine è la delizia dell’immaginazione” diceva il poeta francese Paul Claudel. Ordine e disordine non si escludono a vicenda: meglio che nelle nostre vite siano presenti entrambi. Il disordine stimola la creatività ma crea confusione e caos; l’ordine è la base per l’equilibrio, la pace, l’armonia, ma può essere anche artificioso, rigido, vuoto. Come conciliarli?

A venirci in aiuto sono due recenti libri di grande successo della scrittrice giapponese Marie Kondo, Il magico potere del riordino e 96 lezioni di felicità, che si inseriscono nel filone, sempre più affermato, della “psicologia positiva”, una branca della psicologia che cerca di identificare i principi che promuovono il benessere. Uno di questi, spiega la Kondo, è rimettere la casa in ordine quando si è accumulato un piccolo caos, facendo in modo che questa operazione assuma un significato psicologico più ampio. Questo è possibile perché fare ordine permette di cambiare la propria forma mentis, il proprio modo di vivere e la propria esistenza.

Mettere ordine

Mettere in ordine vuol dire confrontarsi con la possibilità di buttare ogni oggetto attorno a noi. Scegliere di tenere qualcosa, così come scegliere di buttare qualcosa, vuol dire riflettere sui propri bisogni nel momento presente. Vuol dire creare una gerarchia d’importanza delle cose, e del significato che hanno per noi. Vuol dire imparare non solo ad aggiungere ma anche a togliere, prendendosi la responsabilità di farlo e rinunciando a mantenere un’apparente sicurezza, depositandola negli oggetti. Lasciando andare ciò che ha fatto il suo corso, ci concentriamo sul qui e ora, dopo aver speso del tempo per riflettere su che cosa vogliamo diventare e che cosa ci serve per i nostri obiettivi.

Prendersi cura del proprio ambiente domestico con costanza e regolarità stimola un senso di efficacia e di piacere, che favorisce l’assunzione di atteggiamenti positivi, come la tendenza a non procrastinare.

Ecco dunque dieci consigli tratti dal metodo giapponese Konmari:

  1. il riordino è un evento speciale: mettete a posto tutto in una sola volta, iniziando e finendo entro 6 mesi
  2. prima di iniziare il riordino, proiettatevi verso lo stile di vita a cui aspirate
  3. ordinate categoria per categoria (vestiti, libri), non stanza per stanza
  4. mentre ordinate una categoria, tirate fuori e tenete a vista tutto quello che le appartiene
  5. cominciate da ciò che attiva meno i ricordi: tenete le foto per ultime!
  6. non selezionate che cosa buttare, ma che cosa conservare
  7. prendete in mano tutti gli oggetti, uno ad uno
  8. riflettete, nell’attimo in cui toccate l’oggetto, se vi fa battere il cuore oppure no: conservate solo ciò che vi emoziona
  9. non iniziate a pensare a come organizzare gli spazi se prima non avete finito di buttare
  10. buttate tutto ciò che non avete selezionato, non spostate l’accumulo in altre case

Se c’è troppo ordine
Esiste tuttavia un limite oltre al quale la cura della casa diventa patologica, quando cioè il comportamento di mettere ordine diventa eccessivo, producendo così un effetto opposto a quello desiderato.

Chi ha un rapporto con l’ordine di questo tipo potrebbe soffrire di un disturbo ossessivo-compulsivo. In questo disturbo il comportamento di riordino viene ritualizzato, diventa cioè composto da una serie di atti svolti in rigida sequenza, spinti da un senso di obbligatorietà e compiuti in risposta a idee ossessive. La finalità ultima non è più – in realtà – mantenere l’ordine ma ridurre l’ansia, il disagio, la tensione fisica, oppure a prevenire il verificarsi di eventi temuti in relazione a credenze di responsabilità o a forme di pensiero magico o scaramantico.

Così come i rituali di lavaggio, più noti e più diffusi, sono la risposta alla sensazione di repulsione allo sporco e al dubbio continuo di essersi contaminati, i rituali di riordino o di allineamento di oggetti in relazione a regole precise, come la grandezza, rispondono a un bisogno di simmetria. La mancanza di simmetria crea infatti una sensazione di incompletezza che tiene la persona avvolta in un vortice di azioni teso ad eliminarla.

Se c’è troppo caos
Esiste anche un estremo opposto, cioè situazioni in cui si afferma un completo caos e l’ambiente domestico viene completamente trascurato.

Questa condizione è caratteristica di diversi quadri psichiatrici – come la depressione maggiore – ma l’esempio più eclatante è il disturbo da accumulo, un disturbo cronico che riguarda il 2-5 per cento della popolazione.
Chi ne soffre è spinto ad acquistare o accaparrarsi oggetti, ma soprattutto ha una grande difficoltà e un intenso disagio nel gettarli, a prescindere dal loro valore economico: finisce quindi per accumularli, congestionando e ingombrando gli spazi vitali. Ne seguono importanti ripercussioni sociali e lavorative, e talvolta conseguenze drammatiche, quali gravi tensioni familiari, l’isolamento sociale, lesioni o infezioni per la scarsa igiene dei locali.

Il disturbo da accumulo ha un esordio precoce ma una progressione lenta: se già dai 10 anni possono manifestarsi comportamenti di accumulo, in genere diventano una vera e propria malattia solo dopo i quaranta/cinquant’anni.

Che cosa fare

Nel primo come nel secondo caso un intervento di psicoterapia cognitivo-comportamentale è utile per affrontare le credenze alla base del disturbo e per modificare i propri comportamenti. Questo tipo di terapia ha lo scopo di identificare, nel flusso continuo della nostra mente, alcuni pensieri – brevi e spontanei – che possono distorcere la realtà o, pur essendo corretti, fare incorrere in conclusioni distorte, generando ansia o comunque emozioni negative. Una volta identificati questi pensieri automatici, si aiuta la persona a metterli in discussioni e a rispondervi in un modo diverso.

Nel caso del disturbo ossessivo compulsivo, cruciale è comprendere quali emozioni, pensieri e comportamenti siano alla base del problema, e come la persona si giudichi in seguito a questi. Una volta ricostruito lo schema del disturbo, si lavora per favorire comportamenti e pensieri diversi e più utili. Inoltre si cerca di ridurre i comportamenti compulsivi (inefficaci) tramite un’esposizione graduale a situazioni temute così da ridurre l’ansia.

Nel caso del disturbo da accumulo, viene proposto un training, molto pratico, allo scopo di migliorare la capacità di decidere che cosa buttare e che cosa conservare. Si possono, per esempio, potenziare la capacità di selezionare gli oggetti o di organizzarli. Viene poi proposta un’esposizione graduale al pensiero, all’immagine o all’evento temuto (buttare, evitare di comprare) e si affrontano al contempo i meccanismi mentali alla base del disturbo: l‘attaccamento emotivo agli oggetti, la tendenza a vedere l’utilità potenziale di ogni cosa, il desiderio di preservare il tempo vissuto, il senso di sicurezza nel tenere gli oggetti in un dato luogo e ordine.