Mal di testa, quanto conta la psiche?

Il mal di testa deve essere trattato con approccio multidimensionale: non solo farmaci, ma anche strategie comportamentali e cognitive, come il biofeedback.

Mal di testa, quanto conta la psiche?

Il mal di testa, specie quello cronico, deve essere trattato con un approccio multidimensionale: non solo farmaci, ma anche strategie comportamentali e cognitive per affrontare il dolore. Un esempio è il biofeedback. Vediamo con il neurologo di cosa si tratta.

Circa il 90 per cento della popolazione presenta almeno una volta all’anno un episodio di cefalea.

La cefalea è stata classificata dalla Organizzazione mondiale della sanità (OMS) come una tra le 20 maggiori cause di disabilità e di perdita di qualità della vita in tutto il mondo.

Questo disagio può essere dovuto a numerosi disturbi differenti, che si manifestano tutti sotto forma di mal di testa.

Le crisi di mal di testa

Indipendentemente dalla causa del dolore, una delle caratteristiche principali che accomuna gli “attacchi” di mal di testa è la graduale limitazione nella capacità di svolgere le abituali occupazioni quotidiane. A volte addirittura fino alla loro completa sospensione. Spesso anche la qualità della vita a lungo termine viene intaccata, per via dei comportamenti instaurati per la paura di una nuova crisi (proprio come negli attacchi di panico). Talvolta ciò porta a sperimentare veri e propri stati ansioso-depressivi.

Capire il mal di testa

La stragrande maggioranza degli sforzi empirici e teorici per chiarire lo sviluppo e le conseguenze dei singoli attacchi di cefalea utilizza un modello biomedico che si concentra esclusivamente sui processi biologici. Tuttavia, talvolta gli interventi farmacologici mostrano solo un’efficacia moderata, perché non riescono ad affrontare i fattori psicologici e sociali sottostanti che influenzano il mal di testa.

Per definizione, il dolore è un costrutto psicologico che fa riferimento alla percezione di sensazioni spiacevoli elaborate da un complesso sistema di rete neuronale in diverse regioni cerebrali. Molte delle regioni associate con l’elaborazione del dolore sono coinvolte anche con altri fenomeni psicologici (ad esempio, le emozioni, l’attenzione, lo stress): pertanto, la modulazione del dolore tramite fattori psicologici può avvenire attraverso questi circuiti condivisi, alterando il segnale di dolore all’interno del cervello.

Il ruolo dei fattori psicologici

Esistono molti fattori psicologici e sociali che possono favorire un attacco di mal di testa. Tra di essi, principalmente:

  • lo stress,
  • i ritmi quotidiani eccessivamente elevati,
  • una modalità di gestione ansiosa degli eventi.

Quest’ultima, una volta insorto il mal di testa, contribuisce al peggioramento dello stesso rileggendolo con ulteriore preoccupazione. Anche i problemi personali, cambiamenti di vita improvvisi, o sfide ambientali impreviste rivestono un ruolo significativo.

Nel mondo scientifico si fa quindi sempre più strada un approccio che pone attenzione all’interazione tra fattori biologici, psicologici (composti principalmente da processi cognitivi e affettivi), e processi sociali/ambientali nelle genesi del mal di testa.

I processi cognitivi

I processi cognitivi coinvolti nel mal di testa comprendono i pensieri, le credenze, le attribuzioni, e gli atteggiamenti che le persone utilizzano nel momento in cui si trovano in un certo ambiente. Per quanto riguarda la cefalea, l’atteggiamento della persona è importante perché influisce su:

  • modalità con cui affronta l’attacco di mal di testa;
  • grado di aderenza al trattamento farmacologico;
  • comportamenti che riducono la probabilità di avere un attacco di mal di testa.

I processi affettivi

Il dolore coinvolge anche una componente affettiva, tramite un “triumvirato” di vissuti negativi: ansia, depressione e rabbia.

  1. L’ansia è uno stato di preoccupazione, paura, disagio, o apprensione “derivante dalla sensazione di non essere in grado di prevedere, controllare o ottenere i risultati desiderati”. Riguarda una situazione specifica, ma talvolta può essere più nebulosa, non avendo un’immediata causa scatenante.
  2. La depressione come sindrome clinica è costituita da sentimenti di tristezza, disperazione, vuoto, o perdita di interesse o piacere nelle attività giornaliere.
  3. La rabbia è uno stato di dispiacere, che va da un’intensità di lieve irritazione alla rabbia intensa in risposta a un torto percepito che minaccia il benessere di un individuo. I soggetti che soffrono di mal di testa solitamente tendono a reprimere la propria rabbia, esprimendola in maniera interna.

Per tali ragioni il mal di testa, specie quello cronico, deve essere trattato con un approccio multidimensionale che può sostenere i pazienti non solo farmacologicamente, ma anche fornendo loro strategie comportamentali e cognitive per affrontare il dolore.

Quali trattamenti per il mal di testa

Uno dei trattamenti non farmacologici che ha mostrato maggiori risultati positivi nel ridurre i sintomi del mal di testa – in particolare la cefalea tensiva cronica e l’emicrania – è il biofeedback. Tale metodica si basa sul meccanismo del condizionamento. Attraverso la pratica è possibile acquisire consapevolezza e gestire mediante stimoli visivi e/o acustici, quegli indici fisiologici (tensione muscolare, temperatura cutanea periferica, frequenza cardiaca, ecc) che si modificano durante le cefalee.

Il risultato finale del training con biofeedback, associato ad un’adeguata terapia farmacologica consente così di ridurre o fermare a lungo termine il dolore nella cefalea tensiva e gli attacchi emicranici, limitando inoltre il rischio dell’abuso di farmaci.

I migliori candidati per questo tipo di approccio sono le persone che prediligono un approccio non farmacologico o presentano intolleranza alle terapie farmacologiche, i pazienti con scarsa efficacia al trattamento farmacologico, le donne in gravidanza o durante il periodo dell’allattamento, gli individui che incorrono in eventi di vita particolarmente stressanti e/o soggetti a stati ansiosi.

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BIBLIOGRAFIA
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