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Decadimento cognitivo e anziani: quando il cervello perde i colpi

Questo processo degenerativo e irreversibile comporta una compromissione delle funzioni cognitive e della possibilità di avere una vita in autonomia. Ecco come affrontarlo

Decadimento cognitivo e anziani: quando il cervello perde i colpi

L’avanzare dell’età è un fatto normale. I cambiamenti del corpo e del cervello sono dettati dal DNA e legati alla storia individuale. In alcuni casi, tuttavia, accanto all’invecchiamento si può verificare un decadimento cognitivo. Come riconoscerne i sintomi? A chi rivolgersi per la diagnosi e il supporto?

Con l’avanzare dell’età intervengono nel cervello diversi cambiamenti, di ordine lieve, che interessano le funzioni cognitive, comportamentali ed emotive. Se il processo è naturale, il quadro di personalità resta stabile, mentre ciò che cambia e si riduce sono l’attenzione, la memoria, la percezione e la velocità di elaborazione delle informazioni. E la vita quotidiana ne risente.

A risentirne maggiormente sono la capacità di apprendere nuove informazioni e di tenere a mente nel tempo gli episodi recenti. Rimangono invece stabili il linguaggio, l’abilità di ragionamento e le abilità visuo-spaziali. Si parla invece di invecchiamento patologico nei casi in cui le modifiche del cervello influenzano la stabilità del quadro di personalità, e le attività quotidiane risultano compromesse. Il decadimento cognitivo è tra i processi neuropatologici più importanti.

Quando inizia il declinio cognitivo?

Il declino cognitivo è un processo naturale dell’invecchiamento e può iniziare a manifestarsi negli adulti più anziani, di solito dopo i 65 anni. Tuttavia, è essenziale sottolineare che si tratta di un processo eterogeneo che può variare significativamente da persona a persona.

Alcune persone possono sperimentare un declino cognitivo più precoce o più pronunciato a causa di fattori genetici, stile di vita, malattie croniche o altre condizioni mediche. D’altra parte, alcune persone possono mantenere una funzione cognitiva relativamente buona anche in età avanzata.

Il declinio cognitivo, specie dopo i 65 anni di età,  è un segnale da non sottovalutare, specie se si manifesta insieme ad altri sintomi quali i disturbi del sonno. Un deterioramento delle funzioni cognitive e comportamentali, per lieve che sia agli esordi, può infatti svilupparsi e diventare grave.

Cosa vuol dire decadimento cognitivo?

Secondo la definizione fornita dall’Associazione Americana degli Psicologi (APA) nel 1987, “la demenza, o decadimento cognitivo cronico-progressivo, è una malattia del cervello che comporta la compromissione delle funzioni cognitive tale da pregiudicare la possibilità di una vita in autonomia. Ai sintomi cognitivi si associano quasi sempre alterazioni della personalità e del comportamento che variano come entità da individuo a individuo. Inoltre, è presente una progressiva alterazione dello stato funzionale”.

Quali sono dunque i sintomi di questo decadimento cognitivo? La definizione dell’APA dice che la demenza è una malattia del cervello che comporta:

  • sintomi cognitivi quali difficoltà nella memoria, nel linguaggio e nell’orientamento
  • sintomi comportamentali per i quali la persona può mettere in atto comportamenti bizzarri, oppure esprime aggressività sul piano fisico
  • sintomi della personalità, che si traducono in apatia e irascibilità da parte del soggetto.

Decadimento cognitivo: i sintomi

I sintomi cognitivi sono diversi. Variano in base alla diagnosi e alla porzione del tessuto cerebrale e delle cellule nervose interessate. Nella demenza di Alzheimer, per esempio, i primi sintomi interessano la memoria, l’orientamento e alcuni aspetti linguistici.

I sintomi cognitivi

In una demenza fronto-temporale i primi segnali di declino possono riguardare il linguaggio, oppure l’alterazione del comportamento. Possono accadere dei comportamenti impulsivi non contemplati dalle regole sociali, può altresì verificarsi una totale disinibizione verbale e del comportamento.

I sintomi cognitivi più comuni possono essere:

  • decadimento della memoria, quindi sono compromesse la capacità di apprendere, conservare e utilizzare quando necessario informazioni e conoscenza
  • difficoltà nel linguaggio, grazie a cui si interagisce e si comprende ciò che gli altri dicono
  • riduzione dell’attenzione, che permette di focalizzare la nostra energia verso uno stimolo, setacciare informazioni e gestire diversi compiti allo stesso tempo
  • rallentamento del ragionamento logico che permette di utilizzare più informazioni per sciogliere i problemi
  • riduzione progressiva delle abilità percettive quali la capacità di identificare, riconoscere e utilizzare con efficacia uno specifico oggetto
  • riduzione delle abilità di movimento (prassiche), con cui è possibile realizzare sequenze motorie più o meno complesse. Ad esempio, montare una moka o vestirsi.

I sintomi comportamentali

Oltre ai sintomi cognitivi, col decadimento cognitivo possono emergere sintomi comportamentali, la cui insorgenza varia da individuo a individuo. Tra i più comuni ci sono:

  • depressione, dunque una eccessiva presenza di emozioni negative rivolte a sé, al mondo e al futuro, e aggressività fisica e verbale, diretta all’altro o verso sé
  • presenza di deliri, ovvero delle convinzioni errate e assurde che risulta difficile mettere in dubbio, e allucinazioni, cioè percezioni visive o acustiche di elementi assenti nell’ambiente circostante
  • irritabilità, intesa come tendenza ad arrabbiarsi facilmente, o al contrario apatia, ovvero la mancanza di iniziativa e motivazione nel fare le cose o anche nel sentire le emozioni
  • affaccendamento motorio aberrante, che consiste nella messa in atto di sequenze motorie consecutive e ripetitive senza alcuno scopo
  • labilità emotiva, ovvero la facilità a deprimersi, irritarsi, ridere o essere apprensivi.

 

Decadimento cognitivo: come comportarsi?

Per un decadimento cognitivo, la valutazione di questi e altri sintomi richiede diverse figure professionali, una vera e propria equipe: il neurologo, il geriatra e uno psicologo con specifica formazione neuropsicologica, uno psicologo dunque capace di intercettare i profili cognitivi e comportamentali delle varie forme di demenza e in grado, poi, di utilizzare test necessari per la diagnosi.

Questo gruppo di lavoro effettua, attraverso visite cliniche e diversi esami (TAC, risonanza magnetica, esame del sangue, test neuropsicologici), una diagnosi precisa del paziente valutato, in modo da prescrivere la terapia più adatta. È importante sottolineare che simili interventi hanno come obiettivo il mantenimento nel tempo delle risorse presentate, ma non risolvono il decadimento, che nei fatti è una condizione irreversibile.

L’importanza del caregiver e della famiglia

I professionisti diventano un elemento chiave per codificare il disagio del paziente. Ma sono imprescindibili anche per il caregiver, o il familiare di riferimento. Gli interventi rivolti ai familiari hanno molteplici scopi:

  • aiutano nella comprensione di ciò che accade al proprio caro
  • migliorano le strategie per fronteggiare lo stress che la gestione di un malato con demenza implica
  • valutano nel corso del tempo lo stato emotivo del caregiver per stabilire una eventuale presa in carico.

Come si cura il decadimento cognitivo?

Il trattamento e la cura del decadimento cognitivo dipendono dalla causa sottostante della condizione. In molti casi, il decadimento cognitivo è causato da condizioni come la demenza, l’Alzheimer o altre malattie neurologiche, e il trattamento si concentra principalmente sulla gestione dei sintomi e sul rallentamento della progressione della malattia. Oltre alle terapie farmacologiche, alcuni approcci comuni includono:

  • Terapie cognitive: la terapia cognitivo-comportamentale (TCC) può essere utile nel migliorare la gestione delle difficoltà cognitive e nell’affrontare le emozioni correlate alla malattia.
  • Terapie di supporto: le terapie di supporto, come la terapia occupazionale e la terapia del linguaggio, possono aiutare a mantenere e migliorare le abilità cognitive e funzionali.
  • Modifiche allo stile di vita: adottare uno stile di vita sano, che includa una dieta equilibrata, l’esercizio fisico regolare, il sonno adeguato e l’attività mentale stimolante, può contribuire a mantenere la salute cognitiva.
  • Supporto sociale ed emotivo: il sostegno da parte di familiari, amici e professionisti può aiutare a gestire il decadimento cognitivo e migliorare la qualità della vita del paziente.
  • Gestione delle condizioni mediche sottostanti: in alcuni casi, il decadimento cognitivo può essere causato da condizioni mediche come l’ipotiroidismo o carenze vitaminiche, quindi il trattamento di queste condizioni può aiutare a migliorare la funzione cognitiva.

È importante consultare un medico o uno specialista per una valutazione e una diagnosi accurata, in modo da poter pianificare un trattamento adeguato in base alle esigenze specifiche del paziente.

Quali sono i farmaci per la demenza?

I farmaci per la demenza sono pensati per trattare i sintomi della malattia e possono contribuire a migliorare temporaneamente la funzione cognitiva, rallentare la progressione dei sintomi o alleviare alcuni disturbi comportamentali associati alla demenza. Tuttavia, è importante notare che non esistono farmaci in grado di curare completamente la demenza o invertirne il corso. I principali farmaci utilizzati per trattare la demenza appartengono a due categorie:

  1. Inibitori dell’acetilcolinesterasi: questi farmaci aumentano i livelli di un neurotrasmettitore chiamato acetilcolina nel cervello, il quale è coinvolto nei processi cognitivi. Gli inibitori dell’acetilcolinesterasi possono aiutare a migliorare temporaneamente la memoria, l’attenzione e la capacità di svolgere attività quotidiane. Alcuni esempi di inibitori dell’acetilcolinesterasi includono donepezil, rivastigmina e galantamina.
  2. Memantina: questo farmaco agisce regolando un altro neurotrasmettitore chiamato glutammato, che è coinvolto nei processi di apprendimento e memoria. La memantina può essere utilizzata da sola o in combinazione con gli inibitori dell’acetilcolinesterasi per trattare la demenza moderata o grave.