Psichiatria

Timidezza: cos’è e come renderla una risorsa

La timidezza non va confusa con l’ansia sociale. Scopriamo le differenze e impariamo come gestire questa forma d’ansia.

Timidezza: cos’è e come renderla una risorsa

Arrossire quando uno sconosciuto ci rivolge la parola, sentirsi intimoriti di fronte al capo o bloccarsi di fronte a una ragazza o a un ragazzo che ci piace e non riuscire a pronunciare una parola. Si chiama timidezza ed è decisamente diffusa.

Si stima che il 40 percento della popolazione sia timida e che il 12 percento arrivi a soffrire di ansia sociale.

Ma è davvero un ostacolo per le relazioni con gli altri? Gli esperti del campo condividono strategie per comprenderla e gestirla in modo da renderla un’arma vincente.

Cos’è la timidezza?

Qual è il vero significato del termine “timidezza“? Un complesso stato emotivo in risposta alle situazioni sociali, caratterizzato da componenti somatiche (battito cardiaco accelerato, tensione muscolare), cognitive (pensieri irrazionali e giudizi negativi su se stessi) e comportamentali (inibizione ed evitamento delle interazioni con gli altri).

In parole semplici, può essere descritta come una forma di preoccupazione costante per i propri pensieri, sentimenti e reazioni fisiche nei confronti degli altri in determinati contesti sociali. È spesso accompagnata da emozioni spiacevoli come imbarazzo, paura o disagio.

Un gruppo di ricercatori statunitensi dello Shyness Research Institute, guidato dallo psicologo Bernie Carducci, ha messo in evidenza come esistano varie forme di timidezza che sembrano variare a seconda delle reazioni fisiologiche all’ansia e al tipo di valutazione riservata a se stessi.

Alcuni la considerano uno stato temporaneo che si sperimenta in alcune circostanze specifiche, come parlare in pubblico o affrontare situazioni nuove, mentre altri vedono la timidezza come un tratto della personalità, una caratteristica stabile che varia da individuo a individuo.

A cosa è dovuta la timidezza?

Le cause della timidezza possono variare notevolmente da persona a persona e in genere si tratta di una combinazione di fattori, quali:

  • fattori biologici: alcune ricerche suggeriscono che ci sia una base biologica. Sembra infatti che individui con un sistema nervoso più reattivo possano sperimentare una maggiore sensibilità e tale reattività, in determinate circostanze, può tradursi in timidezza.
  • Fattori psicologici: eventi traumatici, bassa autostima o depressione possono contribuire a sviluppare o accentuare la timidezza. Le persone che hanno vissuto esperienze sociali negative, come umiliazioni o critiche costanti, potrebbero essere più inclini a sviluppare la timidezza come meccanismo di difesa.
  • Fattori sociali e culturali: la cultura e l’ambiente sociale in cui si cresce possono influenzare notevolmente. Le famiglie che enfatizzano la privacy e la riservatezza o che scoraggiano l’interazione sociale possono infatti contribuire a sviluppare una maggiore timidezza nei figli.

Quali sono i sintomi della timidezza?

Questo tratto caratteriale si manifesta in tanti modi diversi, tuttavia tra i sintomi più comuni delle persone timide troviamo:

  • autoconsapevolezza, introspezione e sensibilità: tendono a essere altamente consapevoli di se stesse e dei loro sentimenti. Spesso trascorrono molto tempo riflettendo su come gli altri le vedono o giudicano, e sono estremamente sensibili alle critiche o alle reazioni negative degli altri.
  • Evitamento sociale: spesso tendono a limitare le interazioni con gli altri o a evitare certi contesti sociali, soprattutto quelli che richiedono di essere al centro dell’attenzione. Si mostrano riservate e trovano difficile iniziare conversazioni, fare presentazioni, incontrare nuove persone o partecipare attivamente a discussioni di gruppo.
  • Difficoltà a esprimersi: non si sentono sicure di sé, si preoccupano di essere giudicate dagli altri o di non essere accettate. Per questo possono avere difficoltà nell’esprimere i propri pensieri in modo chiaro e diretto.
  • Tendenza ad arrossire: davanti ad altri o in pubblico arrossiscono facilmente e iniziano a sudare. Questi sintomi possono essere imbarazzanti e contribuiscono a rafforzare la timidezza stessa.
  • Difficoltà a mantenere il contatto visivo: trovano difficile guardare negli occhi l’altra persona durante una conversazione. In alcuni casi possono evitare completamente lo sguardo mentre parlano.
  • Gestualità protettiva: come meccanismo di autodifesa possono adottare una postura chiusa, come tenere le mani o le braccia incrociate davanti al petto.

Qual è la differenza fra timidezza e ansia sociale?

Nonostante sia una caratteristica di molti individui, la timidezza non è considerata un disturbo.
L’ansia sociale, al contrario, viene classificata fra i disturbi d’ansia nell’ultima versione del manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, il
DSM-5.

L’ansia sociale si caratterizza per la presenza di un’intensa paura, relativa a una o più situazioni nelle quali la persona potrebbe essere osservata dagli altri. Per esempio, chi soffre di fobia sociale teme intensamente situazioni quali mangiare con altre persone, parlare in presenza di altri o conversare con sconosciuti.

Spesso il timore esagerato spinge chi ne soffre a evitare completamente certe occasioni (come uscire fuori a cena, assistere a un concerto, passeggiare in un parco), con conseguente compromissione della qualità di vita e del benessere quotidiano della persona. Gli adolescenti che soffrono di ansia sociale di solito finiscono per abbandonare la scuola, evitano le uscite con gli amici e anche le relazioni sentimentali.

Anche i timidi possono avere difficoltà a partecipare a eventi o uscite, ma a differenza di coloro che soffrono di ansia sociale, solo di rado sono inclini a un massiccio evitamento degli ambienti frequentati da altre persone.

La timidezza viene quindi considerata patologica solo quando inizia a compromettere il funzionamento sociale e relazionale di una persona, portandola a ritirarsi completamente dalle amicizie e dalle relazioni sentimentali, isolandosi. In questo caso non si tratta più semplicemente di un aspetto della personalità, ma di un problema che richiede supporto.

Come superare la timidezza?

I ricercatori dello Shyness Research Institute suggeriscono utili consigli e strategie per gestire la timidezza e migliorare le relazioni sociali. Il primo passo è domandarsi: “Che timido sono?” In poche parole: “Quali situazioni mi rendono timido? Come mai?”

Lo scopo è identificare le componenti della timidezza e capire se si tratta di un’ansia corporea o di pensieri irrazionali, come “non riuscirò a conoscere nessuno”, “mi troveranno inutile o banale” o “noteranno tutti che sono solo e penseranno che sono uno sfigato”, “non saprò cosa dire”.

Come superarla?
A seconda del tipo di ansia sperimentata, alcune tecniche possono rivelarsi particolarmente utili:

  • se si sperimenta ansia somatica, con tremore, sudorazione, tachicardia, nausea o mal di pancia, si può applicare la tecnica di respirazione diaframmatica: questo tipo di respirazione può contribuire a calmar il battito del cuore e a favorire una sensazione di calma. Basta trattenere il respiro per circa 10 secondi, poi provare a inspirare per almeno 4 secondi e a espirare per 5 o 6 secondi, gonfiando la pancia come se si avesse un palloncino dentro di essa. Questo ciclo di inspirazione ed espirazione può essere ripetuto più volte.
  • se invece prevale l’ansia cognitiva, dove si ha l’idea irrazionale che tutti stiano fissando, si può cercare di applicare specifiche strategie, tra cui osservare l’ambiente circostante: l’ansia infatti induce a tenere la testa bassa, il che può rafforzare l’idea che tutti stiano guardando e giudicando, ma se si alza lo sguardo, si scopre che gli altri sono occupati con le proprie attività e che non prestano molta attenzione. È inoltre utile ridurre l’autocritica, accettando un po’ di impaccio nelle interazioni con le altre persone.

Guida pratica per vincere la timidezza e avviare una conversazione

Passiamo al pratico. Come fare per conoscere una nuova persona?
Cosa dire per avviare una conversazione piacevole?

Ecco cinque passi da seguire:

  1. Per conoscere una persona nuova, l’approccio iniziale dovrebbe essere di carattere generale. L’obiettivo non è tanto sorprendere o impressionare, quanto piuttosto far capire all’altra persona che si è aperti a una conversazione.
  2. Successivamente si passa alle presentazioni personali: secondo gli studi condotti in materia, è consigliabile non limitarsi a dire il proprio nome o professione, ma piuttosto inserire elementi di conversazione che possano favorire un dialogo agevole. Invece di affermare semplicemente “Mi chiamo Marco e sono un consulente,” si può cercare di coinvolgere l’altra persona con un tocco più personale ed interessante, aggiungendo dettagli che possono richiamare l’attenzione.
  3. In seguito si può introdurre un argomento di interesse che non deve necessariamente apparire come straordinario. Basta condividere le sensazioni legate a un film, una mostra d’arte o un viaggio che si è fatto.
  4. Per mantenere la conversazione è utile collegare i nuovi argomenti a quelli precedenti: se si sta parlando di un concerto può essere menzionato il delizioso ristorante in cui si è cenato prima dell’evento. É importante prestare attenzione all’interlocutore e cercare di approfondire gli aspetti che suscitano maggiore interesse in entrambi.
  5. Quando si conclude la chiacchierata, esprimere gratitudine per il tempo trascorso insieme è un gesto apprezzato. Può inoltre essere utilizzato uno degli argomenti precedentemente discussi come punto di partenza per una futura occasione di dialogo, come: “Devo andare, ma ti farò sapere cosa ho pensato del film che mi hai consigliato.”