Gli effetti di un trauma si possono ereditare per via genetica?

Gli effetti di un trauma potrebbero trasmettersi per via epigenetica alle generazioni successive

Gli effetti di un trauma si possono ereditare per via genetica?

I traumi si possono ereditare? La domanda può sembrare bizzarra, ma alcuni recenti studi permettono di ipotizzare che il disturbo post-traumatico possa essere trasmesso per via epigenetica, cioè attraverso modificazioni del DNA, alle generazioni successive.

È possibile che un trauma, con tutto il suo lascito, si trasmetta per via ereditaria da una generazione alla successiva? L’ambito di ricerca che studia questi aspetti ruota intorno alla questione genetica, o meglio, a un settore specifico di questa, chiamato epigenetica. L’epigenetica studia l’influenza dell’ambiente sulla trascrittura del genoma. Le informazioni contenute nei propri geni, infatti, vengono “rese operative” seguendo regole precise, che vengono decise seguendo una logica complessa, che ne oscura alcune sezioni e ne rende visibili altre. Studiare l’epigenetica vuol dire studiare se e in che modo un qualcosa di esterno alla cellula (l’ambiente, le esperienze di vita) possa interferire con le “leggi” di trascrizione del genoma, di fatto modificando l’ambiente interno della cellula.

Gli effetti biologici di traumi e carezze

La ricerca sull’ereditabilità di un trauma vuole chiarire se e quanto le esperienze avverse subite dai genitori possano essere tramandate per via biologica. Alcune evidenze sembrano corroborare questa tesi. In uno studio del 2014, per esempio, si inducevano traumi precoci nella vita di alcuni topi. Ciò sembrava innescare complessi meccanismi genetici, che rendevano visibili le conseguenze fisiologiche e comportamentali del trauma anche nella progenie.
Queste prove comunque sono ancora parziali, e non sembrano del tutto convincenti. Sono quindi necessari nuovi studi per capire meglio questi meccanismi.

D’altra parte, un ampio filone di ricerca sviluppatosi dagli anni Novanta ha dimostrato come un’educazione fondata su corporeità e prevedibilità potesse modificare la futura resistenza della prole allo stress per via biologica. Questi studi mettevano in luce in modo chiaro, cioè, quanto l’ambiente potesse effettivamente ripercuotersi sulla biologia dell’individuo: essere stati accarezzati e protetti in infanzia sembrava predire un futuro sviluppo più sano e con una migliore resistenza allo stress. L’epigenetica vorrebbe arrivare a comprendere i meccanismi di fondo di questa trasmissione. 

Come si trasmette il trauma?

Inoltre, gli esperti si stanno chiedendo quale fattore, tra ambiente e genetica, detenga il primato quando si parla di trasmissione di disturbo da stress post-traumatico (PTSD) e trauma. In altre parole: se il figlio di una persona maltrattata o abusata durante l’infanzia manifesta sintomi depressivi o dissociativi, è a causa della trasmissione di modificazioni del DNA (epigenetica) oppure del contatto pervasivo con una persona gravemente traumatizzata (ambiente)? Allo stato attuale il documento più autorevole dove poter avere risposte a questa domanda è questo articolo del 2018 scritto da una grande esperta di trauma a livello mondiale, Rachel Yehuda, direttrice della Traumatic Stress Studies Division della Mount Sinai School of Medicine. La Yehuda si mostra molto cauta nell’attribuire all’aver vissuto un trauma il potere di corrompere, per così dire, la trasmissione genetica da una generazione traumatizzata a quella successiva, sana. 
Yehuda considera inoltre il possibile “danno” prodotto dall’esposizione del feto o del bambino nato in seno a una coppia di genitori traumatizzati a un ambiente “avverso”. In questo caso il danno non verrebbe quindi trasmesso per via epigenetica, ma per via “relazionale”, crescendo il bambino (o formandosi addirittura il feto in utero), in una ambiente in cui aleggino le conseguenze di un trauma.

Il dilemma rimane

Quali conclusioni trarre? Allo stato attuale, alla domanda se il trauma sappia trasferirsi in senso esclusivamente biologico da una generazione a quella successiva, andrebbe per onestà intellettuale risposto di no. Di fronte a questa complessità, possiamo sintetizzare lo stato della conoscenza attuale osservando la coesistenza di due piani distinti, che è probabile intervengano in contemporanea:

  1. Sul “fondo”, particolari segni biologici generati dalle conseguenze del trauma sulla vita dei genitori potrebbero essere passati per via genetica alla vita dei figli
  2. In “superficie”, è possibile che il trauma si trasmetta per vie diverse, cioè per “educazione”. Un genitore con PTSD educherà il figlio in modo diverso da un genitore senza PTSD

Le due modalità esistono entrambe: è per ora difficile quantificare quanto sia forte l’impatto di una di queste nei confronti dell’altra, e con quale prevalenza, il che rimanda all’antica questione sul primato biologico contrapposto al primato educativo, questione non ancora evidentemente risolta, ma con buone prospettive di chiarimenti futuri.