Disturbi alimentari: quali sono e cosa fare

I disturbi alimentari vengono spesso trattati come fossero capricci, ma chi ne soffre ha davvero bisogno di aiuto. Ed è proprio in questi casi che servono ascolto, comprensione e supporto psicologico.

Disturbi alimentari: quali sono e cosa fare

I disturbi alimentari sono estremamente visibili e manifesti, e il più delle volte chi ne soffre sta lanciando richieste d’aiuto che possono essere complesse e sfuggenti da intercettare.

Entrare in dialogo con una persona che soffre di DCA è una azione complessa, così come entrare in empatia con loro. Chi soffre di DCA, o ha comunque un rapporto distorto con il cibo, patisce vergogna, paura e senso di colpa, tende a negare e nascondere il problema. Con il rischio di perdere il controllo sulla propria alimentazione e incorrere, ad esempio, in una pericolosa perdita di peso, mettendo a serio rischio la propria salute fisica.

Per questo motivo è vitale che familiari o amici colgano i segnali e accompagnino la persona verso un trattamento terapeutico. Cerchiamo allora di capire quali possono essere i disturbi dell’alimentazione, quali sono le cause psicologiche e come uscirne.

Puoi rivolgerti a uno specialista. Ti basta prenotare una visita da un nutrizionista, oppure uno psicoterapeuta, del Santagostino.

Disturbi alimentari, una definizione

I DCA si caratterizzano per un’alterazione del rapporto con il cibo e con il proprio corpo e per le conseguenze che ne derivano. Alimentazione e forma fisica diventano per il soggetto il cardine attorno cui ruotano le altre attività quotidiane, un pensiero costante che assume un’importanza esagerata nella valutazione di sé stessi.

Prima di approfondirli, possiamo indicare le tre principali forme:

  • anoressia
  • bulimia
  • sindrome o disturbo da alimentazione incontrollata, o binge eating.

Ognuno di questi disturbi del comportamento alimentare hanno come comune denominatore un pensiero ossessivo nei confronti del cibo, la paura di ingrassare e una immagine corporea percepita in modo deformato, una bassa autostima.

Ci sono poi comportamenti che indicano una cattiva gestione del discontrollo alimentare, come ad esempio il vomito autoindotto.

Quali sono i disturbi alimentari?

I disturbi alimentari possono essere diversi. Forniamo di seguito una loro rassegna:

  • Anoressia. Forse il disturbo più conosciuto, insieme alla bulimia e al binge eating. L’anoressia nervosa consiste in una drastica riduzione dell’introito energetico, tanto da rendere il peso corporeo inferiore al normale peso minimo. Il soggetto soffre di una intensa paura di ingrassare, anche quando il peso è realmente basso. Si ha un controllo esagerato della quantità di calorie ingerite, fino all’eliminazione di alimenti considerati pericolosi. Peso e forme del corpo sono un pensiero intrusivo, la magrezza è l’unità di misura per valutare sé e la propria identità
  • Bulimia. La bulimia nervosa si caratterizza per episodi frequenti di abbuffate compulsive. In un tempo circoscritto, e senza alcun controllo, il soggetto ingurgita una quantità di cibo estremamente maggiore di quanto solitamente accade nello stesso arco di tempo. Quindi, si verificano comportamenti impropri di compensazione: digiuno, vomito, intensa attività fisica, abuso di lassativi
  • Binge eating è dato da episodi di abbuffate ai quali non fanno seguito, come nella bulimia, condotte compensatorie
  • Ortoressia e vigoressia. L’ortoressia è una maniacale ossessione per i cibi salutari. La persona fa lunghe e quotidiane ricerche sulle proprietà nutritive degli alimenti. Queste ricerche impoveriscono il resto delle attività, sono eliminati metodi di cottura e categorie di cibi. La vigoressia, o bigoressia, è caratterizzata invece dalla paura di essere troppo esili. Il soggetto si dedica a un’attività fisica esageratamente intensa, con un’alimentazione iperproteica. Oppure arricchita da anabolizzanti e integratori.

Qual è il disturbo alimentare più frequente?

Secondo una indagine nazionale svolta dal Ministero della Salute, con riferimento al periodo 2019 – 2023, i disturbi alimentari intercettati erano oltre il 1.450.000. Le persone che attualmente sono in trattamento sono circa 3.000.000.

I DCA più comuni, per quanto riguarda il nostro Paese, sono:

  • bulimia nervosa
  • anoressia nervosa
  • binge eating

Più nello specifico, l’anoressia nervosa ha una incidenza dell’1%, 2%. Se ci si concentra sulla popolazione adolescenziale femminile. Le stime raccontano di un 2% della popolazione femminile che si ammala di anoressia nervosa e un 4% che si ammala di bulimia nervosa.

Come si comporta una persona con disturbi alimentari?

I primi sintomi dei disturbi alimentari manifestarsi un modo sottile e difficile da riconoscere. Spesso i familiari e gli amici sono i primi a notare cambiamenti nel comportamento alimentare e nel corpo della persona.

Alcuni segnali di allarme possono includere:

  • osservazioni ossessive su peso, calorie e immagine del proprio corpo
  • restrizioni alimentari e diete rigide con eliminazione di interi gruppi di alimenti
  • episodi di abbuffate o alimentazione incontrollata e sensazione di perdita di controllo con il cibo
  • vomito autoindotto o uso improprio di lassativi e diuretici
  • esercizio fisico eccessivo e compulsivo
  • isolamento e disagio in situazioni sociali in cui è presente del cibo.

Come si fa a capire se si soffre di un disturbo alimentare?

Ci sono diversi segnali che aiutano a capire se una persona soffre di un disturbo alimentare:

  • fisici quali variazioni di peso, eccessiva sensibilità al freddo, pallore, stanchezza costante, perdita dei capelli, svenimentiamenorrea , calli sulle nocche e deterioramento dei denti in caso di vomito frequente
  • comportamentali come rituali alimentari, ad esempio il tagliare in pezzi molto piccoli il cibo, lentezza durante i pasti, evitamento di situazioni conviviali, sparizione di alimenti dalla dispensa, lettura delle etichette alimentari e uso di applicazioni per conteggiare le calorie, aumento di attività fisica, uso di integratori, eliminazione o rifiuto di alcuni alimenti, negazione della fame, cambio di abbigliamento
  • emotivi quali improvvise variazioni di umore, assenza di interesse verso le relazioni sociali, difficoltà nel rispettare gli impegni presi, eccessiva sensibilità verso ogni commento su forma fisica e cibo, estremo controllo di cosa e quanto si assume. Rigidità, scarsa autostima.

Come nasce un disturbo alimentare?

I disturbi alimentari hanno origini multifattoriali, ovvero derivano dall’interazione complessa di fattori biologici, psicologici e socioculturali. Viene ipotizzata una predisposizione genetica, poiché queste patologie hanno una componente ereditaria. La genetica non è comunque determinante: l’ambiente e le esperienze di vita giocano un ruolo cruciale.

Tra i fattori di rischio vi sono:

  • critiche al corpo e al peso
  • abusi e traumi durante l’infanzia
  • ideali di magrezza veicolati dai media
  • attività come danza e ginnastica che enfatizzano la forma fisica.

Eventi stressanti come il bullismo o transizioni importanti, ad esempio l’adolescenza, possono agire da trigger.

Le parole da evitare con una persona che soffre di DCA

Per prima cosa, è importante farsi aiutare da un professionista, in grado di valutare la situazione e di fornire indicazione pratiche e, si spera, aiutare chi soffre di un DCA a iniziare un percorso di cura.

Ci sono poi alcuni approcci che dovrebbero essere evitati:

  • confronti del tipo: “Allora quelli davvero grassi che dovrebbero fare?”, o: “Prima della gravidanza pesavo la metà!”. L’insoddisfazione delle persone con disturbo dell’alimentazione è una sofferenza psichica vera e propria. Non è razionale. I paragoni, poi, sminuiscono il vissuto di chi soffre. Può essere utile allora dire: “Non posso capire quello che stai provando. Ma se vuoi posso ascoltarti per starti vicino”
  • considerazioni sulle difficoltà della vita quali: “Tutti hanno i loro problemi” oppure “C’è gente che soffre più di te”. Non c’è una scala del dolore, non esiste una sofferenza con maggiore dignità di un’altra. Meglio allora: “Sforzati! Cerca di star bene, prova a prenderti cura di te! Ti sto vicino”.

Altre espressioni da evitare con persone che soffrono di disturbi alimentari

  • richiami al senso di colpa: “Ma non lo vedi quanta pena dài ai tuoi genitori?”. Nessuno sceglie di soffrire di un DCA. È preferibile dire: “Hai tante persone care intorno a te che ti vogliono bene. Loro possono starti vicino”
  • frasi sulla forza di volontà quali “Ti basta mangiare un pochino di più!” o “Ma non ci pensare”.  Meglio dire: “Come posso darti una mano? Pensi che possa aiutarti in qualche modo?”

Il Ministero della Salute ha redatto un documento estremamente completo sulle raccomandazioni per familiari di chi soffre di un DCA e sulla loro insorgenza e sviluppo, sulla valutazione e trattamento.

Come uscire da un disturbo alimentare?

Nel notare i segnali simili a quelli descritti, è fondamentale porsi in una condizione di dialogo e ascolto aperto. Bisogna poi evitare di concentrarsi su cosa e su quanto la persona mangia, se si allena oppure no. Al centro di tutto va posto il suo benessere emotivo.

Chi soffre di disturbi alimentari è molto fragile, a volte non se ne rende conto e spesso la migliore soluzione è imparare a gestire le proprie emozioni. Per questo è importante muoversi con tempestività, ma sempre in modo rispettoso. Non serve colpevolizzare né colpevolizzarsi ma, con l’aiuto di uno specialista, serve fare uno sforzo di comprensione sul significato dei sintomi e della gravità della situazione.

È importante richiedere subito una consulenza con uno psicoterapeuta specialista, così da fare una prima valutazione e capire quale potrebbe essere il percorso terapeutico più indicato, o per trovare insieme strategie di intervento qualora la persona rifiuti di farsi aiutare.

Chi soffre di un DCA nutre in genere ambivalenza rispetto alla possibilità di un aiuto: da una parte vorrebbe uscire dalla gabbia che si è costruito, ma dall’altra ne teme le conseguenze. Non giudichiamolo per questo, ma cerchiamo di provare empatia  con la sua paura, sosteniamolo. Infine, mettiamoci a nostra volta nelle condizioni di ricevere un sostegno psicologico.