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L’enactment in psicoanalisi: cos’è e a cosa serve?

L'enactment in psicoanalisi è la messa in scena attiva di schemi relazionali patologici durante la seduta terapeutica, con il coinvolgimento dell'analista, che vi partecipa come attore. Vediamo quello che c'è da sapere.

L’enactment in psicoanalisi: cos’è e a cosa serve?

L’enactment, che possiamo tradurre come ‘messa in atto’, rappresenta l’attivazione di schemi relazionali durante le sedute di psicoanalisi.

Questo fenomeno svolge un ruolo cruciale nell’esplorare dinamiche inconsce e memorie traumatiche, rivelando significati profondi e offrendo opportunità terapeutiche.

L’enactment non è solo un fenomeno da osservare, ma uno strumento essenziale per comprendere a fondo il paziente e per lavorare attivamente sui suoi vissuti emotivi. In questo articolo, esamineremo in dettaglio cos’è l’enactment, il suo ruolo all’interno della psicoanalisi e come viene utilizzato a beneficio del processo terapeutico.

Che cosa vuol dire enactment? Significato

Questo termine, introdotto dallo psicoanalista Theodore Jacobs verso la fine del XX secolo, descrive un fenomeno complesso che emerge durante le sedute terapeutiche. Si tratta della messa in atto, da parte del paziente, di schemi relazionali problematici all’interno del setting terapeutico.

L’enactment in psicoanalisi è un termine usato per descrivere una situazione in cui un paziente, inconsciamente, “recita” o “mette in scena” modelli di comportamento e relazioni appresi nell’infanzia durante le sedute terapeutiche. Questi comportamenti possono essere sia verbali (come il modo in cui il paziente parla o risponde all’analista) sia non verbali (come gesti o espressioni corporee).

Si distingue dall’acting out, più legato a comportamenti impulsivi perché implica una partecipazione attiva e reciproca sia del paziente sia dell’analista. Questo processo porta alla luce dinamiche interne di conflitto e interazione, spesso radicate in ruoli e schemi relazionali appresi nell’infanzia e riemergenti durante la terapia.

Nella psicoanalisi relazionale, si utilizza il concetto di enactment per spiegare la ri-esperienza di ruoli assunti nell’infanzia, che vengono recitati durante la sessione analitica. Nello specifico, si manifesta attraverso una serie di comportamenti, sia verbali sia non verbali, che permettono di riprodurre un episodio relazionale in cui sono coinvolte entrambe le parti. Per comprendere appieno il significato di enactment, è fondamentale esplorare la sua dimensione sia inconscia che interattiva, che caratterizza il flusso continuo di micro-azioni durante lo scambio verbale fra paziente e analista.

In cosa consiste e cosa serve l’enactment in psicoanalisi?

L’enactment, al di là della sua complessità concettuale, svolge un ruolo fondamentale nel contesto terapeutico, offrendo una preziosa opportunità di comprensione e trasformazione. Questo fenomeno consente al paziente di mettere in atto nel presente dinamiche relazionali passate, fornendo al terapeuta uno sguardo diretto su aspetti inconsci e non verbalizzati. La sua funzione va oltre il mero agire di comportamenti; è un mezzo attraverso il quale il paziente riesce a comunicare aspetti del suo vissuto che altrimenti rimarrebbero inaccessibili attraverso il solo linguaggio verbale. 

In particolare, nei pazienti che hanno vissuto un trauma, l’enactment diventa un veicolo primario di espressione, permettendo loro di legarsi al terapeuta attraverso azioni piuttosto che parole. 

Nel contesto della psicoanalisi relazionale, si riconosce che il cambiamento terapeutico emerge dal districarsi congiunto del paziente e dell’analista da schemi relazionali ripetitivi, sottolineando l’importanza della consapevolezza riflessiva nell’analisi di questi episodi.

Esempi pratici 

Piuttosto che limitarsi a un mero agire impulsivo, l’enactment coinvolge un’interazione a doppio senso tra paziente e terapeuta, esternalizzando e attualizzando la vita interiore del paziente. Ecco una serie di esempi pratici.

  1. Ripetizione di Schemi Passati: I pazienti tendono a ripetere schemi relazionali appresi durante l’infanzia. Ad esempio, se un paziente ha avuto genitori molto critici, potrebbe inconsciamente aspettarsi o percepire lo stesso tipo di criticità dall’analista.
  2. Interazione con l’Analista: Invece di parlare solo di queste esperienze, il paziente le “recita” durante la terapia. L’analista diventa, in un certo senso, parte di questa “messa in scena”. Questo può aiutare l’analista a comprendere meglio i problemi del paziente.
  3. Svelamento dell’Inconscio: L’enactment aiuta a portare alla luce aspetti dell’inconscio del paziente che possono non essere immediatamente evidenti. È come se il paziente stesse mostrando piuttosto che raccontando le proprie esperienze interiori.
  4. Momento Terapeutico: Questi momenti di enactment sono molto importanti in terapia perché offrono un’opportunità unica per esplorare e lavorare su questi schemi relazionali radicati e spesso problematici.

Qual è la differenza tra enactment e transfert?

È fondamentale distinguere chiaramente i concetti di enactment e transfert nell’ambito della psicoanalisi, dal momento che entrambi giocano ruoli d’importanza cruciale nel contesto terapeutico. 

Mentre il transfert si riferisce alla proiezione di emozioni e dinamiche inconsce del paziente sull’analista; l’enactment va oltre, coinvolgendo entrambi in un’interazione attiva e reciprocamente influente.

Il transfert si concentra sulle emozioni e sulle rappresentazioni legate al passato del paziente, che vengono riversate sul terapeuta. L’enactment incorpora la dimensione dell’azione, in cui paziente e analista partecipano attivamente a una rappresentazione interattiva di schemi relazionali patologici. Mentre il transfert può essere considerato più unidirezionale, l’enactment implica una co-partecipazione attiva, spesso manifestandosi attraverso comportamenti, gesti e dialoghi concreti.

Gestione terapeutica dell’enactment

La gestione terapeutica dell’enactment rappresenta una sfida cruciale nell’ambito della psicoanalisi. Quando il paziente mette in atto i propri schemi relazionali patologici, l’analista deve affrontare il compito di riconoscere, interpretare e guidare questo fenomeno in modo costruttivo. 

È fondamentale evitare reazioni eccessivamente difensive o, al contrario, un’adesione acritica all’enactment, che potrebbe compromettere la distanza necessaria tra l’analista e il paziente. 

La consapevolezza riflessiva dell’interscambio relazionale diventa essenziale, consentendo sia al paziente che all’analista di districarsi dai pattern ripetitivi inconsci. La capacità di tollerare l’impasse temporanea creata dall’enactment e di gestirla in modo evolutivo diventa fondamentale, evitando interpretazioni premature che potrebbero compromettere il processo terapeutico. La terapia diventa così un costruttivo legame collaborativo, in cui l’analista si impegna a sostenere il paziente nella gestione dei propri vissuti emotivi, contribuendo al cambiamento e alla trasformazione reciproca.